Il “nuovo” project financing

(Avv. Antonino Ilacqua - pubblicato il 23 novembre 2010)



1. La definizione
2. L’evoluzione storica
3. Il contesto normativo italiano
4. Le alterne vicende del diritto di prelazione
5. La disciplina
6. Le Linee Giuda sulla finanza di progetto
7. Le garanzie
8. Conclusioni


1. Definizione  [Torna all'indice]
Il project financing, o finanza di progetto, è una forma di finanziamento attraverso la quale le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a capitali privati per la realizzazione di progetti ed infrastrutture ad uso della collettività.
In altri termini, le spese per la realizzazione di un’opera pubblica possono essere sostenute totalmente – nel caso di project financing puro – o parzialmente da soggetti privati.
I vantaggi di questa collaborazione tra pubblico e privato sono reciproci: le pubbliche amministrazioni possono portare a compimento interventi importanti e spesso necessari, altrimenti non consentiti dalle disponibilità di bilancio; l’investitore privato ottiene, invece, la concessione per lo sfruttamento economico dell’opera realizzata.

2. Evoluzione storica  [Torna all'indice]
Storicamente, le prime operazioni in finanza di progetto risalgono agli anni Venti e furono realizzate negli Stati Uniti nel settore della produzione di energia elettrica.
Tali operazioni avvenivano in ambito strettamente privatistico: privata era la società che realizzava l’impianto di produzione di energia, privata era la società che acquistava l’energia prodotta attraverso contratti di fornitura a lungo termine.
Pur essendo, ancora oggi, la finanza di progetto perfettamente applicabile nell’ambito delle attività commerciali private, nella pratica, però il suo ricorso si collega sempre più spesso allo sviluppo di progetti infrastrutturali correlati all’erogazione di servizi pubblici.
L’applicazione della finanza di progetto alle infrastrutture di pubblica utilità è un fenomeno più recente.
Il primo sviluppo dell’istituto si è avuto in Gran Bretagna, dove il project financing ha assunto un ruolo istituzionale con la Private Finance Iniziative (PFI) nel 1992. Il suddetto programma era finalizzato a creare un contesto istituzionale favorevole al coinvolgimento dei privati nella realizzazione di investimenti pubblici attraverso lo strumento della concessione di costruzione e gestione. Questo presupponeva condizioni di convenienza economica per il settore privato e di ottimizzazione di costi per il settore pubblico.
Nel corso degli anni Novanta, anche in Italia, si è assistito allo sviluppo di forme di finanziamento innovative, risultato della collaborazione tra sistema statale e sistema privato nella realizzazione di opere e infrastrutture di interesse pubblico.

3. Contesto normativo italiano.  [Torna all'indice]
L’istituto del project financing ha trovato accoglimento, nel nostro ordinamento, con la legge 11 novembre 1998 n. 415, cd. legge Merloni-ter, che ha modificato ed integrato la legge quadro in materia di lavori pubblici, ossia la L. n. 109/’94.
La legge Merloni, infatti, ha consentito, attraverso l’inserimento degli artt. da 37 bis a 37 nonies alla L. 109/’94, la prima applicazione in Italia della finanza di progetto, attraverso l’introduzione nel nostro sistema giuridico delle figure del promotore e della società di progetto.
In particolare, ai sensi dell’art. 37 bis della L. n. 109/’94, sono promotori quei soggetti che possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici con risorse totalmente o parzialmente a proprio carico.
Sono invece società di progetto, ai sensi del successivo art. 37 quinquies, quelle che consentono la separazione economica e giuridica del progetto dalle altre attività del concessionario.
Sempre il suddetto art. 37 quinquies consente, inoltre, al concessionario (solitamente costituito sotto forma di Associazione Temporanea di Impresa – ATI- , in cui sono riuniti i diversi attori dell’operazione: costruttore, gestore, fornitore, ecc.), di costituire una società di progetto e di trasferire al nuovo soggetto giuridico la concessione.
È proprio la costituzione della società di progetto che permette di differenziare le operazioni di project finance dalla tradizionale concessione: se il raggruppamento di imprese che si è aggiudicato la concessione costituisce la società di progetto, si realizza un’operazione di project finance; in caso contrario, si ha la tradizionale concessione di costruzione e gestione.
La società di progetto che subentra nel rapporto concessorio diviene concessionaria a titolo originario e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’amministrazione concedente.
La legge n. 415/’98 è stata novellata una prima volta dalla legge 1° agosto 2002 n. 166, cd. Legge Merloni - quater, la quale ha aumentato il numero dei potenziali soggetti promotori, comprendendovi anche le Camere di commercio e le fondazioni bancarie, ed ha annullato il limite temporale di durata della concessione.
Successivamente, è stata integrata dalla legge 18 aprile 2005 n. 62, cd. Legge Comunitaria 2004, che ha apportato numerose modifiche alla legge quadro sui lavori pubblici, non ultima la necessità che, in caso di project financing, il diritto di prelazione vada richiamato nell'avviso di gara (art. 37 bis).
Il project financing è stato infine “sistemizzato” solo con la promulgazione del Codice dei Contratti Pubblici, il D.Lgs. n. 163 del 2006, il quale ha raccolto in un unico corpo la normativa relativa alla disciplina dei contratti pubblici e, negli articoli da 153 a 160, ha codificato la disciplina nazionale del project financing.

4. Le alterne vicende del diritto di prelazione.  [Torna all'indice]
Il “vecchio” project financing era incentrato sul ruolo del promotore privato che poteva proporre all’amministrazione concedente, dando così un primo impulso, un progetto preliminare per la realizzazione di un’opera pubblica e la gestione economica di essa, sempre che la sua “idea” fosse valutata di pubblico interesse e che rientrasse negli strumenti di programmazione approvati dalla stessa P.A.
Vero è che il suddetto progetto veniva poi posto a base di gara, per cui l’intera operazione era potenzialmente aggiudicabile anche a terzi, ma al riguardo si evidenzia come «la necessità di una gara sulla proposta del promotore scaturisse dal fatto che soltanto il mercato è in grado di garantire il miglior equilibrio costi - benefici a parità di qualità, e che, senza gara, l’Amministrazione sarebbe priva di un parametro di riferimento per valutare economicamente e tecnicamente la proposta del promotore»[1].
In ogni caso nella precedente regolamentazione dell’istituto il rischio sopportato dal promotore, che aveva comunque investito parte del suo capitale per concretizzare l’idea progettuale, veniva ripagato con l’attribuzione allo stesso del cosiddetto diritto di prelazione.
La richiamata posizione di privilegio non è però durata nel tempo, è spettato infatti al secondo correttivo, il D.lgs. n. 113/2007, il compito di abolire l’allora già contestato diritto di prelazione.
Il terzo correttivo al Codice dei Contratti, il D.lgs. n. 152/2008, ritornando sul project financing, ha definitivamente ripristinato il diritto soppresso, pur snaturando completamente l’istituto.

Infatti, per le opere inserite nella programmazione triennale, l’Amministrazione aggiudicatrice procede all’affidamento della concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità da essa stessa predisposto (l’impulso può, infatti, essere ad iniziativa privata solo per la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità non inseriti nella programmazione triennale ovvero negli strumenti di programmazione).
L’iniziativa, quindi, da privata diventa pubblica tanto che il promotore non è più l’ideatore del progetto da cofinanziare o finanziare ma semplicemente «il soggetto che ha presentato la migliore offerta».


5. La disciplina.  [Torna all'indice]
Ai sensi del novellato art. 153 del Codice dei Contratti Pubblici (da ultimo novellato dal D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152), la finanza di progetto può realizzarsi attraverso l’utilizzo di quattro diverse procedure di affidamento:
1. una procedura ad iniziativa pubblica, con gara unica previo bando e senza prelazione, detta anche del “promotore monofase” (art. 153, commi da 1 a 14);
2. una procedura ad iniziativa pubblica, con gara doppia previo bando e con prelazione, detta anche del “promotore bifase” (art. 153, comma 15);
3. una procedura ad iniziativa privata, con gara doppia previo avviso, ad esito alternativo, detta anche del “promotore additivo”, utilizzabile in caso di lavori inseriti in atti di
programmazione (art. 153, comma 16) [2].
4. una eventuale procedura ad iniziativa privata, qualora le amministrazioni adottino le proposte (presentate a mezzo di studi di fattibilità) relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale (art. 153, comma 19).
Nello specifico, la prima procedura consente alle amministrazioni aggiudicatrici di porre a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. Le amministrazioni aggiudicatrici valutano le offerte presentate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'articolo 83,
individuando nel miglior offerente il soggetto promotore.. Quest’ultimo resta aggiudicatario solo se la sua proposta non necessita di modifiche, ciò sebbene la stipulazione del contratto sia sospensivamente condizionata all’approvazione del progetto ai sensi dell’art. 97 del Codice.
Nell’ipotesi in cui si rendano necessarie delle modifiche, occorre distinguere a seconda della circostanza che il promotore accetti o non le modifiche richieste dall’amministrazione. Nel primo caso, il promotore resta aggiudicatario; nell’altro la stazione appaltante ha facoltà di rivolgersi al secondo classificato, al terzo e così via, fino a trovare un concorrente che faccia proprio, con le modifiche richieste, il progetto del promotore (al quale l’aggiudicatario sarà tenuto a rimborsare le spese sostenute per la predisposizione del progetto, nei limiti del “tetto” massimo del 2,5 % del valore dell’investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara, di cui al comma 9 dell’art. 153).
Nella procedura ad iniziativa pubblica del promotore monofase, pregiudiziale  all’esperimento della gara è che l’intervento da affidare sia già inserito nella programmazione triennale e nell’elenco annuale di cui all’art. 128, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati.
Il decreto correttivo n. 152/2008 ha infatti modificato l’art. 128 del Codice dei Contratti nella parte in cui prevede che le opere realizzabili mediante finanza di progetto possono essere inserite nell’elenco annuale, anche se prive di progettazione preliminare, sulla base del solo studio di fattibilità.
La procedura bifase si caratterizza per una doppia gara : la prima è finalizzata, con i medesimi meccanismi di cui alla procedura monofase, all’individuazione del promotore; questi, tuttavia, non potrà mai essere automaticamente aggiudicatario, in quanto si aprirà sempre una seconda gara tesa all’affidamento definitivo dell’opera, nell’ambito della quale la posizione di vantaggio del promotore si concretizza nel diritto di prelazione che egli può far valere nei confronti del vincitore della seconda gara (diritto, questo, che deve essere ab initio specificato nel bando).
Questa procedura, a differenza della prima, si connota per una netta separazione tra la fase della scelta del promotore (che avviene, come nel caso precedente, sulla base dello studio di fattibilità predisposto dall’amministrazione) e quella successiva (nella quale gli altri concorrenti sono invitati a presentare varianti al progetto preliminare del promotore, in precedenza approvato ai sensi dell’art. 97); entrambe le procedure, tuttavia, si concretizzano in vere e proprie gare, da espletarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e previa pubblicazione di un bando ai sensi degli artt. 66 o 122 del Codice. Naturalmente, anche nella procedura ad iniziativa pubblica bifase può avvenire che il promotore diventi aggiudicatario, laddove all’esito della seconda gara non risultino pervenute varianti più vantaggiose. Qualora, invece, queste vengano presentate, il promotore può avvalersi del diritto di prelazione entro 45 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione fattagli dall’amministrazione, a condizione di adeguare la propria proposta a quella risultata migliore all’esito della gara (in tal caso, sarà tenuto a rimborsare al concorrente risultato vincitore le spese di partecipazione, sempre nei limiti sopra indicati). In caso di mancato esercizio del diritto di prelazione, la concessione è aggiudicata al vincitore della seconda gara.
Quanto alla procedura cd. del “promotore additivo”, ne è presupposto la circostanza che l’amministrazione, dopo aver proceduto all’approvazione dell’elenco annuale delle opere incluse nella programmazione di cui all’art. 128, sia rimasta inerte per sei mesi, senza bandire alcuna gara.
Al riguardo, si rappresenta che l’articolo 153, comma 16 del Codice dei contratti prevede che: “ (…) Per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, inseriti nella programmazione triennale e nell'elenco annuale di cui all'articolo 128[3], ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati (…)” i soggetti privati, in possesso dei requisiti di cui al comma 8 dell’art. 153[4], possono presentare una “proposta” qualora le amministrazioni aggiudicatrici non provvedano alla pubblicazione dei relativi bandi entro sei mesi dall’approvazione del predetto elenco.
Ad ogni modo, è presupposto necessario per gli operatori privati che intendano acquisire la veste di promotore e presentare “proposte” per la realizzazione delle opere incluse nell’elenco annuale di cui sopra, il possesso dei requisiti indicati al comma 8 dell’art. 153, ovvero “(…) i requisiti previsti dal regolamento per il concessionario anche associando o consorziando altri soggetti, fermi restando i requisiti di cui all'articolo 38 (…)” [5].
La “proposta”, protagonista di tale iniziativa privata, deve avere il contenuto dell’offerta di cui all’art. 153, comma 9, ovvero, deve essere corredata da “..un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da una banca nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione …”; il piano economico-finanziario, si precisa altresì, deve comprendere “… l'importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere dell'ingegno di cui all'articolo 2578 del codice civile[6].
Tale importo non può superare il 2,5 per cento del valore dell'investimento, come desumibile dallo studio di fattibilità posto a base di gara … ”.
Quanto alla procedura, si segnala che, in relazione a ciascun lavoro inserito nell'elenco annuale, per il quale le amministrazioni aggiudicatrici non provvedano alla pubblicazione dei bandi entro sei mesi dalla approvazione dello stesso elenco annuale, i soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 8 dell’art. 153 possono presentare, entro e non oltre quattro mesi dal decorso del primo termine (sei mesi), una proposta avente il contenuto dell'offerta di cui al comma 9, garantita dalla cauzione di cui all'articolo 75, corredata dalla documentazione dimostrativa del possesso dei requisiti soggettivi e dell'impegno a prestare una cauzione nella misura dell'importo di cui al comma 9, terzo periodo, nel caso di indizione di gara ai sensi delle lettere a), b), c) del presente comma.
Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di quattro mesi di cui al periodo precedente, le amministrazioni aggiudicatrici provvedono, anche nel caso in cui sia pervenuta una sola proposta, a pubblicare un avviso con le modalità di cui all'articolo 66 ovvero di cui all'articolo 122, secondo l'importo dei lavori, contenente i criteri in base ai quali si procede alla valutazione delle proposte. Le eventuali proposte rielaborate e ripresentate alla luce dei suddetti criteri e le nuove proposte sono presentate entro novanta giorni dalla pubblicazione di detto avviso; le amministrazioni aggiudicatrici esaminano dette proposte, unitamente alle proposte già presentate e non rielaborate, entro sei mesi dalla scadenza di detto termine. Le amministrazioni aggiudicatrici, verificato preliminarmente il possesso dei requisiti, individuano la proposta ritenuta di pubblico interesse, procedendo poi in via alternativa a:
a) se il progetto preliminare necessita di modifiche, qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 58, comma 2, indire un dialogo competitivo ponendo a base di esso il progetto preliminare e la proposta;
b) se il progetto preliminare non necessita di modifiche, previa approvazione del progetto preliminare presentato dal promotore, bandire una concessione ai sensi dell'articolo 143, ponendo lo stesso progetto a base di gara ed invitando alla gara il promotore;
c) se il progetto preliminare non necessita di modifiche, previa approvazione del progetto preliminare presentato dal promotore, procedere ai sensi del comma 15, lettere c), d), e), f), ponendo lo stesso progetto a base di gara e invitando alla gara il promotore.
Quanto infine alla procedura ad iniziativa privata di cui all’art. 153, comma 19, la stessa si caratterizza per il fatto che è prevista la possibilità, per gli operatori privati, di presentare “proposte”di opere pubbliche senza essere necessariamente vincolati alle scelte di programmazione fatte a monte dalla Pubblicazione Amministrazione.
In particolare i soggetti in possesso dei requisiti di cui al comma 8[7] del richiamato art. 153, nonché i soggetti di cui al comma 20[8], possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici, a mezzo di “studi di fattibilità”, proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale di cui all'articolo 128[9] ovvero negli strumenti di programmazione approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente.
E’ chiaro che i soggetti legittimati a presentare proposte alla Pubblica Amministrazione devono possedere requisiti più rigorosi rispetto agli operatori “tradizionali”, così da garantire la massima serietà all’impegno assunto.
Sicché, lo studio di fattibilità che correda la proposta, diventa in quest’ultima procedura uno strumento propedeutico all’inserimento di nuove iniziative negli strumenti di programmazione.
 

6. Le Linee Giuda sulla finanza di progetto.  [Torna all'indice]
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con la determinazione n. 1 del 14 gennaio 2009, “Linee guida sulla Finanza di progetto dopo l’entrata in vigore del c.d. "Terzo correttivo" (D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152), ha fornito delle prime indicazioni operative sia in merito alle problematiche interpretative legate all’applicazione della nuova normativa (delle nuove procedure di gara), sia in merito ai contenuti dello studio di fattibilità...
Con l’emanazione del D.Lgs. 152/2008 erano state infatti introdotte importanti novità in tema di project financing, con il duplice obiettivo di superare le censure mosse in sede comunitaria e di definire, sulla base delle segnalazioni degli operatori del mercato che avevano più volte rilevato la complessità della precedente procedura, un iter  procedimentale più snello.
Proprio in ragione del nuovo assetto normativo della materia, quindi, l'Autorità ha fornito articolate e dettagliate indicazioni operative ad uso delle imprese e delle amministrazioni aggiudicatrici, concernenti le nuove procedure di gara delineate dal legislatore ed i contenuti dello studio di fattibilità, che l’”ultima” normativa pone ora come unico documento di riferimento in caso di affidamento tramite unica gara su iniziativa dell'amministrazione.
In particolare, l'Autorità ha predisposto due distinti documenti, entrambi emanati con la determinazione n. 1/2009: “Linee guida per l'affidamento delle concessioni di lavori pubblici mediante le procedure previste dall'art. 153 del D.Lgs. 163/2006”;
“Linee guida per la compilazione dello studio di fattibilità”.
Con il richiamato documento, l'Autorità di vigilanza ha sottolineato la fondamentale importanza dello studio di fattibilità, per il quale le linee guida suggeriscono che lo stesso “(...) sia elaborato con la massima cura e completezza in modo da consentire ai privati di investire in progetti realizzabili in tempi rapidi e a costi certi (…)”. Nelle linee guida si chiariscono, inoltre, numerosi aspetti delle nuove procedure di gara, quali la fase della programmazione, i contenuti dei bandi, il sistema delle garanzie, le varie fasi di tutte le tipologie di gara.

7. Le garanzie.  [Torna all'indice]
Nell’assetto normativo odierno, una considerazione a parte meritano le garanzie richieste per la presentazione delle offerte.
Si fa riferimento, in particolare, a:
- la cauzione provvisoria ex art. 75 D.lgs. n. 152/2008, che copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto imputabile all’aggiudicatario. Tale cauzione è volta a garantire l’ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto nel caso in cui la proposta non necessiti di modifiche ed il promotore, che è ad essa vincolato, rifiuti la stipula. La stazione appaltante non è invece legittimata ad escutere il promotore ove questi si avvalga della facoltà,
riconosciutagli per legge, di non accettare il contratto in caso di modifiche progettuali;
- la cauzione fissata dal bando in misura pari al 2,5% del valore dell’investimento;
- una nuova forma di cauzione, connessa alla gestione dell’opera, stabilita nella misura del 10% del costo annuo operativo di esercizio, da indicarsi nel contratto sulla base dei dati riportati nel piano economico - finanziario. La finalità di tale cauzione è quella di garantire l’adempimento contrattuale della prestazione del servizio da fornire[10].

8. Conclusioni.  [Torna all'indice]
Dalla descrizione, sia pure sommaria, delle procedure di affidamento utilizzabili in caso di finanza di progetto, le quali appaiono ancora caratterizzate da notevole complessità applicativa, emergono talune problematiche che riducono comprensibilmente la possibilità di decollo del project financing nel nostro sistema giuridico.
Prima fra tutte, lo sbilanciamento delle posizioni delle parti contrattuali: da un lato i potenziali aggiudicatari, dall’altro la stazione appaltante, che ha visto col tempo notevolmente potenziata la sua tutela.
Al riguardo, si rileva infatti che il project financing consente agli Enti locali non solo di limitare l’utilizzo di risorse finanziarie utilizzando gli apporti privati, ma anche di trasferire certe tipologie di rischio solo in capo all’operatore.
Controversa è anche l’”essenza” del project financing che, almeno con riferimento alla procedura “monofase”, sembra essere un inutile duplicato dell’istituto della concessione, dalla quale parrebbe differenziarsi solo per l’oggetto dell’offerta - progetto definitivo nella concessione, preliminare nel project financing - (cfr. CdS, parere n. 2357/2008)[11].
In alcuni passaggi, infatti, - si legge nelle prime critiche dottrinarie - sembra operare un’impropria commistione tra il project financing classico, basato sull’iniziativa privata, e il più tradizionale strumento della concessione ad iniziativa pubblica[12].
Più marcata è invece la distinzione con l’appalto.
Nel project financing, infatti, diversamente che nell’appalto, la controprestazione in favore del costruttore è costituita dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare conomicamente tutti i lavori realizzati.
Solo nella finanza di progetto, inoltre, può essere previsto un prezzo (integrativo della controprestazione), sempre che ciò risulti necessario per assicurare al concessionario l’equilibrio economico finanziario degli investimenti e della gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare.
Ad ogni modo, problematiche a parte, l’analisi effettuata evidenzia un dato fondamentale: il modello su cui si basa il progetto di finanza evidenzia le strutturali debolezze delle competenze e delle professionalità pubbliche nell'ideare, progettare e gestire iniziative di rilevante complessità tecnologica.
Ciò, principalmente, nelle procedure ad iniziativa privata, dove la possibilità per i privati di partecipare e suggerire alla P.A. gli interventi da inserire nella programmazione triennale dei lavori pubblici ha, di fatto, scalfito il monopolio del pubblico potere nell'individuazione delle necessità della collettività, attenuando fortemente il ruolo di primum movens delle opere pubbliche proprio dell’Ente locale ed ha consentito un’attività di interlocuzione preventiva con il mercato nella fase di definizione degli strumenti di programmazione.
Rimane pur sempre il fatto, però, che apparirebbe, laddove si volesse veramente incentivare il privato ad investire nel pubblico, necessario applicare un sistema realmente "premiale“ rispetto all’idea del privato rispetto all’interesse pubblico che si andrebbe a soddisfare con il project proposto.
Appare, infatti, ancora una volta, prevalere una "falsa“ ideologia di apertura del mercato alla concorrenza rispetto ad una progettualità propria di taluni e che poi si rischia venga sfruttata da altri.
Un "sano“ diritto di prelazione, "opposto“ al mercato attraverso la possibilità per lo stesso mercato di confrontarsi sull’offerta e, quindi, di proporre alternative migliorative rispetto allo stesso progetto, fornirebbe alla P.A. una valutazione alternativa dei parametri economici e strutturali del progetto stesso, incentivando il favor partecipationis ma lasciando, nel contempo, al promotore principale la possibilità di adeguarsi alla best practice del mercato con buona pace della concorrenza e dell’iniziativa privata.



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[1] Cfr. Russo, “La cultura del project financing per investire nelle opere pubbliche” in Edilizia e Territorio, 1999, n. 50.
[2] Vedi R. Greco, La natura giuridica delle procedure di project financing dopo il terzo decreto correttivo al codice degli appalti, in www.giustizia-amministrativa.it.
[3] Art. 128 Programmazione dei lavori pubblici (art. 14, legge n. 109/1994)
[4] Alla procedura sono ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario anche associando o consorziando altri soggetti, fermi restando i requisiti di cui all'articolo 38.
[5] Art. 38 Requisiti di ordine generale (art. 45, direttiva 2004/18; art. 75, decreto del Presidente della Repubblica n. 554/1999; art. 17, decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000)
[6] Art. 2578 c.c Progetti di lavori.
All’autore di progetti di lavori d’ingegneria o di altri lavori analoghi che costituiscono soluzioni originali di problemi tecnici, compete, oltre il diritto esclusivo di riproduzione dei piani e disegni dei progetti medesimi, il diritto di ottenere un equo compenso da coloro che eseguono il progetto tecnico a scopo di lucro senza il suo connesso.”
[7] Alla procedura sono ammessi solo i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal regolamento per il concessionario anche associando o consorziando altri soggetti, fermi restando i requisiti di cui all'articolo 38.
[8] Possono presentare le proposte di cui al comma 19 anche i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento, nonché i soggetti di cui agli articoli 34 e 90, comma 2, lettera b), eventualmente associati o consorziati con enti finanziatori e con gestori di servizi. La realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità rientra tra i settori ammessi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c-bis), del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell'ambito degli scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico dalle stesse perseguiti, possono presentare studi di fattibilità, ovvero aggregarsi alla presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici di cui al comma 1, ferma restando la loro autonomia decisionale.
[9] Cfr. sopr
[10] Cfr. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, determinazione n. 1 del 24 gennaio 2009.
[11] Cfr. Consiglio di Stato, sezione consultiva, parere n. 2357/2008 reso nell’adunanza del 14 luglio 2008: «considerato che l’istituto (project financing) non è previsto nelle direttive comunitarie, la Sezione invita l’amministrazione a prendere seriamente in considerazione la possibilità di sopprimerlo»
[12] Cfr., R. Mangani, “Project financing ancora complesso” in “Il sole 24 ore” del 22 settembre 2008.